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La bellezza del violino si fa strada con Anna. Domani al Manzoni una promessa della classica

Notizia pubblicata il 14 giugno 2009



Categoria notizia : Cultura


IL SUO BATTESIMO bolognese è avvenuto nel 2002, quando lei, appena sedicenne, si esibì in piazza Maggiore al fianco di Salvatore Accardo e con l’Orchestra Toscanini in occasione del concerto commemorativo della strage del 2 agosto.

«Fu una grande emozione vedere tanta gente e poter suonare con il mio maestro, sullo stesso palco. E’ un ricordo che mi è rimasto dentro e che rende gioioso il mio ritorno». In realtà, sette anni dopo, Anna Tifu, padre romeno, violinista come lei, madre italiana, luogo di nascita Cagliari, non è più solo l’allieva che ha l’onore di affiancare il mito che l’ha cresciuta e formata come musicista, ma una rivelazione, una promessa e un talento riconosciuto con all’attivo premi a concorsi nazionali e internazionali tra cui tiene a citare il “George Enescu” ritirato a Bucarest.

Per chi la ricorda adolescente e per chi non ha ancora avuto l’occasione di ascoltare “la sua maturità del suono e la capacità di intendimento” (riconosciutegli dal maestro Accardo), “la tecnica straordinaria, la maturità di espressione e di fraseggio” (tributategli da un altro grande come il pianista Radu Lupu), la Filarmonica del Comunale offre ai sostenitori un suo assolo nel Concerto in Mi minore op. 64 di Felix Mendelssohn-Bartholdy che fa parte del programma di domani (ore 20.30, auditorium Manzoni) dell’ensemble diretto da Joachim Jousse (parigino, classe ’72, con ben avviata carriera internazionale) che completa la scaletta con la Sinfonia n. 2 di Brahms.

In epoca di velinismo spinto, una ragazza bella e appariscente come lei, perché sceglie il violino come viatico verso il successo?
«Ho iniziato a sei anni incuriosita da mio padre che lo suonava. A otto sono diventata allieva di Accardo e per dieci anni ho seguito i suoi insegnamenti, poi sono stata un anno a Filadelfia e a Parigi ho conseguito il diploma superiore di concertista. Non ho mai avuto dubbi che questa fosse la mia strada. E’ un mestiere difficile, ne sono pienamente consapevole ma dà anche grandi soddisfazioni. Due anni fa ho raggiunto il Premio Enescu, un traguardo non facile e molto ambito che mi spinge a mantenermi a un certo livello».

Come fa, non ha distrazioni?
«Lo studio continuo è fondamentale. Io non lo faccio tutto il giorno ma le quattro ore che dedico all’allenamento — noi siamo un po’ come degli sportivi — mi assorbono completamente. Talvolta mi faccio sentire da qualche insegnante, ho mio padre che è un ascoltatore attento ed esperto e poi cerco di fare musica da camera per confrontarmi sempre con altri».

Qual è stato l’imprinting incancellabile dell’esperienza con Accardo?
«Riuscire a controllare l’emozione da palco e da pubblico».
I colleghi preferiti?
«Del passato David Oistrakh e Nathan Milstein. Oggi Vadim Repin e Maxim Vengerov».
C’è altra musica, oltre alla classica, nella sua vita di ragazza?
«Ovviamente, ascolto di tutto da Britney Spears agli U2».
E misurare lei stessa in contaminazioni tra generi diversi?
«Bisogna stare molto attenti a questo genere di operazioni perché si rischiano cavolate enormi. Le Bond Girls che si esibivano con violini elettrici sono presto sparite. C’è però anche un tipo come David Garrett che non ha paura di mischiare sonorità auliche e spunti pop ed è per me un buon modello ed esempio».
Per ora che autori preferisce eseguire?
«Mi piace tutto, vado e suono anche se ho una particolare predilezione per il repertorio romantico».
Che violino suona?
«Adesso un Carlo Bergonzi del 1739 che mi è stato dato dalla Fondazione ProCanale di Milano. Vale un milione di euro».

photo by http://www.flickr.com/photos/amenove