Sinfonia coreografie Silvia Traversi
il 28 marzo 2009
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Prendo spunto dal libretto di presentazione del tuo spettacolo, dove campeggia questa frase: “La musica prima del racconto. Il racconto insieme alla musica. La danza che racconta e coinvolge”. Qual è il nesso tra racconto, danza e musica, soprattutto in riferimento a Sinfonia?
Ho estrapolato dalla musica il racconto che ho visto racchiuso in essa. Un racconto assolutamente soggettivo e fantasioso e vi ho visto un rapporto col tempo che ho voluto allacciare a quello occidentale tracciando delle relazioni e suscitando delle immagini presenti nella nostra vita sempre in riferimento al nostro modo di concepire la fretta, la calma e la non calma, il dover fare. E’ quindi soprattutto un racconto di relazioni, incontri, solitudini, amicizie e ciò che passa tra le persone e come viene vissuto. Questo è quello che io ho visto dentro quella musica, ho seguito quel filone e ho deciso di raccontarlo.
Perché hai scelto Schumann?
Passione. Non è la prima volta che lo scelgo. Questa volta ho deciso di usare la sinfonia n.2 che non è una delle opere più conosciute di questo compositore, ma per me è straordinaria. E’ stata una scelta di cuore. E’ una musica che non annoia, è divertente, ironica, ha una vena di follia con aneliti verso l’alto e cadute verso il basso; ha dei contrasti, a volte è scolastico, a volte geniale. Mi piacerebbe confrontarmi con dei musicologi, cosa che non ho fatto, perchè mi sono permessa di sceglierla a livello istintivo vedendovi racchiusa una danza potente, un movimento che veniva fuori dalla superficie stessa della musica e per cui non dovevo ricercarlo; quando sei danzatore una delle prime cose che ti viene da fare è tirare fuori il movimento dalla musica.
Quali sono state per te, attraverso il tuo percorso di vita e professionale le tue influenze principali?
Carolyn Carson è stata fondamentale, espressione corporea da piccola che mi ha fatto approcciare il movimento in maniera creativa e, certamente, l’Accademia di Essen è stata la mia formazione ufficiale, la scuola che mi ha formato a livello pratico e accademico. Ho lavorato con molti coreografi e ho fatto esperienze molto diverse che ho racchiuso dentro me stessa, per cui se mi guardo indietro la figura più potente che vedo e sento in me è “mamma” Carolyn anche se tutti gli insegnanti con cui ho avuto a che fare hanno lasciato un’impronta forte in me.
Puoi spiegare la presenza delle video proiezioni di Dario Marzola in Sinfonia?
In Sinfonia c’è una grande interazione con le video proiezioni, come se fossero altri danzatori, sostenendo la scena come se a volte fossero scenografia e a volte personaggio con cui noi interagiamo durante la danza. Sono video animati e non immagini fisse e mentre noi danzatori siamo carnali, muscolari e rotondi, le video proiezioni sono perfette, lineari e matematiche come la musica. Si crea un forte contrasto fra la danza e i video che danno il senso per cui una registrazione ha quella perfezione che l’uomo non potrà mai avere, ma l’uomo ha quelle sfumature che un video non potrà mai cambiare. La danza è un linguaggio muto ma che evoca, è un’arte meravigliosa, che non pone limiti; la parola se non si tratta di poesia chiude il senso, un’immagine invece, ti apre a più interpretazioni, a meno che non sia un’immagine realista che allora chiude come una parola.Elena Bruni
7.2 Recensione: SINFONIA D’OGGI
Sinfonia, della compagnia Traversidanza, è la narrazione di una fabula che si scioglie lungo le note della seconda sinfonia di Schumann. Lo spettacolo si apre con il ‘monologo danzato’ di Silvia Traversi che funge da prologo, e nel quale vengono esplicati i temi di questa dichiarazione di poetica: l’uomo è costretto, suo malgrado, a vivere in una fretta continua, è costipato all’interno di una incapacità a liberarsene, il suo corpo è vincolato dentro una fitta maglia con poche fenditure da cui prendere aria e uscire. Si danza su una e per una storia, ma si avverte da subito un contrasto, suggerito dalla musica che è viva, carnale, mentre i corpi dei sei danzatori sono volti verso un’involuzione implodente dell’essere e dello stare. Si muovono freneticamente, riposano, si arrestano, si riprendono, si urtano, ma sempre in un progetto troppo ambizioso di fuoriuscita che li riporta alla materialità delle loro membra e articolazioni. Scrivono una sintassi dell’oggi, aiutandosi e aiutati dai video che si fanno elemento scenografico di questa musica raccontante. La dinamicità delle immagini a volte rinviano a un astrattismo assoluto, a volte rimandano una concretezza vivida e reale, come le grate o gli ingranaggi così simili ai Tempi Moderni di Chaplin. Commistioni di linguaggi visivi e di stili performativi, nei movimenti che rimandano a Pina Bausch, al mimo e si giustappongono alla danza classica in un intento, forse, citazionistico. Spettacolo interessante che a tratti, però, sembra perdere il suo baricentro. La cornice strutturata secondo i quattro momenti della sinfonia è una solida base d’appoggio per la storia, sebbene si abbia l’impressione di una certa macchinosità che tende a ingabbiare il tutto. Elena Bruni