Jazzfunksoul, vale a dire Roy Ayers
il 04 maggio 2010
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La musica è gioia. O almeno, anche questa corda degli umani sentimenti, la musica dovrebbe essere in grado di pizzicare, senza per questo svilire il proprio senso o la propria natura. Lo sa bene un “gioioso” musicista come il neo settantenne Roy Ayers, multiforme e sorridente vibrafonista losangelino che questa sera (ore 22,30) si esibirà sul palco del Bravo Caffè di Bologna (in via Mascarella 1) insieme alla sua formazione composta da John Pressley alla voce, Donald Nicks al basso, Raedford Gaskins al sax e tastiere e Troy Miller alla batteria.
Un destino, il suo, inequivocabilmente segnato dal precocissimo incontro con la leggenda Lionel Hampton che donò all’allora cinquenne Roy Ayers, il suo primo paio di battenti. Da Hampton, il vibrafonista californiano,
non ha solo ereditato la passione per lo strumento, ma la vena istrionica che da sempre lo accompagna. Quello non è stato l’unico incontro fondante della sua carriera: rilevante è stato quello con il flautista Herbie
Mann, uno che amava la musica senza preoccuparsi di generi e confini e che lo ha aiutato ad esprimere il propio talento in più direzioni, lasciando ai puristi del jazz la preoccupazione di mettere o togliere etichette e ai tantissimi fans in giro per il mondo, la pura gioia di ascoltarlo nelle sue frequenti incursioni in territori soul, funky ed hip hop.
Spirito libero, Roy Ayers si è mosso negli ambiti più differenti, componendo musiche per film di blaxploitation, come Coffy diretto nel 1973 da Jack Hill o collaborando con una leggenda come il sassofonista e attivista nigeriano Fela Anikulapo Kuti, col quale incise nel 1980 il disco Music Of Many Colors. La duttilità del suo stile e la sua capacità di mescolare generi potrebbe indurre ad utilizzare il termine fusion, ma lo stesso Ayers (forse consapevole della trappola) preferisce di gran lunga parlare di jazzfunksoul o più semplicemente di “dance f loor”, musica destinata alle piste da ballo, suonata per far muovere le gambe, scaldare i cuori e far dimenticare per qualche ora le fatiche del lavoro e le asprezze della vita: una filosofia che il suo maestro Lionel Hampton avrebbe sicuramente condiviso e apprezzato. (Fonte Il Domani di Bologna di Michele Pompei del 04/05/2010)