Neri Marcorè un certo signor G di Giorgio Gaber
dal 27 al 30 novembre 2008
vedi sulla mappaAncona Altro
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Giorgio Gaberscik, Giorgio Gaber o, semplicemente, il Signor G? Nella storia del nostro cantattore (cantante e attore dunque) più appartato e schivo quanto il ruolo pubblico ha influito sull'identità più segreta e quanto il personaggio che gli è diventato come una seconda pelle è tutt'uno con il ruolo pubblico? Abituato ad avere a che fare con gli alter ego, a duplicarsi negli eteronimi come l'amato portoghese Fernando Pessoa, anche Gaberscik-Gaber-Il Signor G ha circumnavigato in lungo e in largo fra la cattiva coscienza e il perbenismo, le secche del disamore alla ricerca delle libere terre di utopia e di ciò che conta davvero nella vita degli uomini sempre con quell'interrogativo sullo sfondo, una risposta da dare prima di tutto a se stesso. Del resto è sempre cosi che Giorgio Gaberscik parla con Giorgio Gaber, che, a sua volta, discute con il Signor G.
Quando e perché Giorgio Gaberscik si è trasformato Giorgio Gaber?
A 14 anni suonavo la chitarra e cercavo di portare a casa qualche soldino facendo ballare la gente. La mia passione era la musica jazz, ma con il jazz non si guadagnava mentre con la musica da ballo era più facile. Sui 18-19 anni lavoravo al Santa Tela di Milano con un gruppo che si chiamava Rocky Mountains Old Times Stompers: a quei tempi, diplomato ragioniere, mi ero iscritto alla Bocconi e con il lavoro da chitarrista e di cantante (avevo anche incominciato a cantare) mi pagavo gli studi. Lì al Santa Tecla bazzicava anche Celentano con cui ogni tanto mi capitava di suonare e anche di sostituirlo nelle prove come cantante perché lui aveva sempre qualche guaio con la voce.
Una sera ricevo un biglietto da un signore giovane che mi invitava alla Ricordi per un'audizione. Quel signore intraprendente sui 25 anni si chiamava Mogol. Ma io non mi presentai all'appuntamento: credevo fosse uno scherzo. Il giorno dell'appuntamento ricevo una telefonata allarmata in cui mi si dice che il dottor Ricordi in persona mi sta aspettando.
Mi scuso, mi precipito, faccio il provino e subito Nanni Ricordi, che era un po' il talent scout oltre che il direttore artistico della casa discografica, mi propone di incidere un disco. Io non avevo molta stima di me come cantante, ma accettai. Incisi così un disco di quattro canzoni delle quali la principale era ?Ciao ti dirò? che avevo scritto con Luigi Tenco in cui si tentava la strada di un rock and roll all'italiana. Questo disco mi proiettò nel mondo della canzone. Devo dire che mi faceva impressione sentire alla radio ?canta Giorgio Gaber?. Sì, perché intanto avevo cambiato nome. Gaberscik era troppo lungo, troppo difficile e ci si mise alla ricerca di un nome più facile. Lì ho rischiato grosso perché i nomi che giravano erano Shiky Rocky, Jimmy Nuvola, Joe Cavallo. Poi invece, si scelse Giorgio Gaber. Forse perché richiamava il nome di un'attrice allora famosa, Zsa Zsa Gabor.
NEL '58-'59 COMINCIAI LA MIA CARRIERA TRA GLI URLATORI
Così, inaspettatamente, hai cominciato la tua carriera di cantante...
Eravamo nel ?58-'59 e cominciai la mia carriera fra gli urlatori i cui eccessi non mi appartenevano affatto. Cercai subito una corrispondenza fra ciò che ero e ciò che facevo con canzoni come Non arrossire scritta con Maria Monti e Pennati e come La ballata del Cerutti fatta con Umberto Simonetta. Sempre con la Monti e con Enzo Jannacci avevo cantato al Santa Tecla e fatto anche cabaret al Derby e intanto avevamo scoperto la canzone francese e tentavamo la strada di una canzone comica legata a Milano. Così è nata, ad esempio, La Balilla. La Milano di allora era molto piccola, ci si conosceva tutti. Allora c'erano anche Bindi, Paoli, Endrigo, Tenco... Sì, c'era proprio qualcosa di nuovo nell'aria della canzone italiana e non solo: pensa a Presley che a soli 19 anni cambiò il mondo con la sua musica. E i Beatles C'era in giro una gran fame di gioventù, bisognava essere giovani. Nel 63, a 24 anni, partecipai al mio primo Festival di Sanremo in completo e gilet: metta qualcosa che la ringiovanisca Gaber mi disse il mio discografico.
Cantavo Così felice, ma quell'anno vinse la Cinquetti che di anni ne aveva addirittura sedici... intanto giravo caroselli, partecipavo a un sacco di trasmissioni, facevo il conduttore, mi barcamenavo fra l'essere cantante e l'intrattenitore. Ero popolarissimo...