Marco Paolini La Macchina del capo
il 09 febbraio 2010
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Non è un diario, non è un pezzo nostalgico, e nemmeno una memoria d'altri tempi. E' un lavoro sull'infanzia e sulla primissima adolescenza, tra la famiglia, la colonia e le avventure nel campetto di pallone. È un viaggio che parte dalla casa, micro-universo dal quale osservare il mondo, per avanzare alla scoperta del macro-mondo (del mare, dei compagni di giochi, del sesso visto con gli occhi di un bambino). È il ritratto di un'Italia di periferia, vista su scala ridotta, tra la Pedemontana e il mare. È un lavoro sul desiderio e sulla scoperta, vicino alle atmosfere di Monicelli. I ragazzi protagonisti del racconto sono quasi gli "Amici miei", ma ragazzini. E le zingarate sono forse più innocenti, ma lo spettacolo si permette di giocarci con altrettanta ironia."Narro di infanzia non protetta da cordoni sanitari di adulti, di primo giorno di scuola, di campetti di periferia, di viaggi in treno e di vacanze avventurose. Narro di un bambino di 10 anni e della sua fretta di crescere. Narro non per nostalgia, ma per divertimento, per chi c’era già e si ricorda i dettagli e per chi è nato dopo e si diverte alla storia. "