L'Amara sorte del servo Gigi di e con Claudio Morganti
dal 24 al 26 gennaio 2008
vedi sulla mappaModena Teatro delle Passioni Altro
dal 24 al 26 gennaio 2008
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Studio giovanile in forma di vecchiaia, illegalmente, forzatamente e poi deliberatamente, liberamente i-spirato, uguale sputato, dove si tenta il "ricalco" di un famoso testo teatrale del '900, di autore ancor più famoso, che narra storie di vecchi e diari meccanici, dove si constata
come l'importante sarebbe essere vecchi dentro, ma ci si accontenta di esserlo fuori poiché l'occhio vuole la sua parte
e dunque mangiar prosciutto non è come mangiar banane , ma
se il prosciutto assomiglia alla lingua, allora mangiar prosciutto è come mangiarsi la lingua
, ovvero una banana poiché quando scarpe e cappello sono separate da un cretino, altro non sono che un paio di scarpe con il cappello, ovvero, , ovvero il bianco: colore del lutto, ché si narra delle disagevoli, disarmoniche, disparate avventure amorose di un uom fra i più cretini e dunque si potrà vedere come
non sono gli uomini ad aderire alle ideologie, ma le ideologie agli uomini dove si potrà seguire con orrore e apprensione il dramma di un uomo con un lungo passato, un breve futuro, ma nessun presente.
(Claudio Morganti)
L'attore, nel
semplice prologo spiega che si può prendere un testo, sostituire tutte le parole con altre, mantenendo la struttura drammaturgica originaria e far ugualmente "accadere" il teatro.Nel frattempo,
si bagna la faccia con l'acqua da una ciotola e poi se la imbianca di farina
, passa un rossetto sotto gli occhi e sulla bocca, mette un cappello e - a prologo concluso - letteralmente si trasforma in un vecchio malandato Krapp che invece di mangiare banane addenta fette di prosciutto facendo bene attenzione a scartarne il grasso.
In scena l'attore è
Gigi ma è anche Morganti stesso, senza artifici, perché le due figure si sovrappongono, nella vita e nella scena, come metafora dell'attore che si mette al servizio dell'opera.
E Morganti/Gigi si trucca in scena, ricordandoci ancora una volta che il teatro è arte povera, è la possibilità di togliere fino all'essenziale,
ne siamo direttamente consci
osservando l'uomo che diventa vecchio con pochi gesti rituali.