In Alto Mare di Slawomir Mrozek
il 29 marzo 2007
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30 marzo 2007
Elsinor Teatro Stabile di Innovazione
IN ALTO MARE
di Slawomir Mrozek
con Stefano Braschi, Fatima Martins, Franco Palmieri, Andrea Soffiantini
regia Tadeusz Bradecki
I tre sulla zattera, sì proprio una zattera sgangherata che fluttua alla deriva sul minuscolo oceano del palco del Piccolo Teatro, attendono "In alto mare" ? così si chiama l'atto unico di Mrozek che ne inaugurava la stagione ? che la platea si colmi poco a poco, immobili e assorti nei loro ruoli. I tre nonostante la loro condizione di naufraghi, non danno segni di impazienza. Anzi, pare che scrutino, lontano, un punto dell'orizzonte: qualcuno finge pure di interessarsi alle onde pigre. Ma la tempesta è in agguato: non certo metereologica, piuttosto umorale e verbale. I viveri sono infatti finiti ed è necessario scegliere chi, con il proprio sacrificio, sfamerà gli altri due. Si innesca da qui una spirale sempre più serrata di stratagemmi, di raggiri, di espedienti attraverso cui ognuno tenta di salvare la pelle a danno dell'altro; una gara al massacro devastante e grottesca, che tra l'altro allude alle "finzioni" delle odierne democrazie. Si scatena perciò una competizione filosofica senza esclusione di colpi (bassi, bassissimi): e ondeggia il legno, così come gli umori dei tre; variano pure sfacciatamente le loro opinioni, ognuno spudoratamente a perorare la sua (contraddittoria) verità attraverso un sottile gioco tragico ed ironico (e forse non è un caso che i tre indossino un frac). La zattera diventa 'civilissimo' e larmoyant 'ring': e giù allora con le mozioni del cuore che questi "fratelli commensali" commuovendo, imbandiscono per salvarsi, millantandosi orfani o malati gravi. In quello che si prefigura come uno stallo permanente sono altri i personaggi che consentono alla vicenda di ripartire, una postina e un servitore inattesi: comunque provvidenziali o sgraditi, sono loro a riportare la situazione allo status quo. La pazzia del prescelto non è nemmeno una via di fuga - sancita da un paradossale e straniante brindisi collettivo - considerato che il martire verrà mangiato "con il proprio consenso interiore". La piece di Mrozek - erede della tradizione di Gombrowicz e di Witkiewicz ? assurge ancora dal lontano 1961, a simbolo della catastrofica condizione umana e delle sue leggi assurde. Nella regia è solo "figurazione di un simposio politico atemporale" ma, arabescata da frizzi e spassosi diversivi, si innalza ad inquietante e atroce sghignazzo.
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