Giulietta e Romeo Direzione Artistica Walter Zappolini
il 01 febbraio 2009
vedi sulla mappaFidenza Altro
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Ma è anche uno sfondo che segna, come uno spartiacque, la voglia di rinascere a passioni assolute e assaporare fino all'ultimo respiro ogni attimo di vita.
Nell'Italia del secondo dopoguerra, disperatamente assetata di passioni ritempranti dagli orrori del passato (ma è ancora un'Italietta piccola e provinciale, che impianta le liturgie sociali di una nuova classe borghese nella terra grassa e ruvida di un'atavica cultura contadina), lei, Giulietta, diventa il simbolo di un irresistibile desiderio di sfuggire alle regole di quel mondo e dagli obblighi imposti da una condizione femminile che è ambigua nella sua imposta sudditanza, anche se proprio di questa irrefrenabile voglia di emancipazione sarà vittima. Romeo, invece, è un giovane timido, introverso, solitario, totalmente aperto al desiderio e alla curiosità dell'amore, vittima consapevole della volitiva irruenza della sua leggendaria compagna.
Così lontani eppure così vicini agli archetipi shakespeariani, cristallizzati soprattutto dalla tradizione ballettistica della partitura di Prokofiev (si pensi alle versioni di Cranko, Mac Millan, Nureyev ), i due amanti immaginati dal coreografo-metteur en scene Fabrizio Monteverde per la sua prima produzione 'a serata', creata nel 1989 per l'allora giovane Balletto di Toscana, dovevano segnare un momento importante per il teatro di danza italiano. Per la prima volta con questa produzione si veniva infatti ad affermare - nell'ardua sfida della composizione di un balletto completo - una scrittura d'autore di danza originale, non soggiogata dai temibili riferimenti 'storici', ma autonoma e sicura nel mettere a fuoco dal plot shakespeariano, scavando con ispirazione 'rabbiosa' nei sentimenti e nei caratteri dei personaggi gli aspetti più consoni all'umore e all'immaginario del coreografo romano.
Fortemente influenzato da echi cinematografici (da qui il riferimento nell'ambientazione e nei costumi, al cinema neorealista di Rossellini e Visconti), ma anche da riferimenti letterari (così che la Governante di Giulietta ha inquietudini e fremiti che ricordano l'omonima creatura di Brancati), o da citazioni di usanze e costumi nostrani (così che il Ballo diventa una 'vasca' da struscio cittadino) a tal punto da innalzare a figure importanti – e portanti - del dramma due personaggi sinteticamente trattati da Shakespeare, ma che nella nostra cultura sono fondamentali: le madri dei due protagonisti. Le quali, in un'autonomia di riscrittura drammaturgica rivendicata appunto da Monteverde, assumono nel balletto una dimensione tragica assoluta e diventano i veri motori immobili della vicenda con la loro presenza ossessiva e opprimente. Si tratta di personificazioni forti, che si traducono in una coreografia nervosa, scattante, senza fronzoli, ma nella quale le forze espressive della formazione moderna del coreografo si fondono in un legato continuo agli spunti e alle linee della danza neoaccademica.