La Ferita Giulia Weber
il 26 gennaio 2009
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Attraverso questo confronto Giulia, si rende conto che la relatività del suo sentimento è la cosa che la mette maggiormente in crisi. Un dolore grande se confrontato con la gente che la circonda ma che diventa infinitamente piccolo se confrontato con quello di coloro che hanno perso i propri cari. Giulia è pronta ad andare ad una riunione dell’associazione delle vittime, ma qualcosa la trattiene: a momenti sono i fantasmi che popolano la sua mente, a volte i sensi di colpa.
Eppure Giulia è un personaggio normale, che ha le reazioni giuste quando dice che ha cercato di dimenticare o quando è voluta tornare a vivere nella propria casa in via dei Gergofili ma nello stesso tempo non riesce a farsi una ragione di questa normalità come non riesce a farsi una ragione di una bomba messa dai mafiosi . E così nasce il confronto tra quello che è lei adesso e quello che era prima della bomba; quella che vorrebbe liberarsi del dolore che l’ha colpita attraverso uno sfogo alla riunione dell’associazione e quella che vorrebbe rimanere a casa ed evitare di rivangare l’accaduto.
Sulla scena il personaggio, ha da mettersi solo le scarpe che sono in un altro punto della scena. Scarpe apparentemente vuote ma che rimandano alla incompletezza del suo essere vittima e a quell’altra parte di se che ha lasciato sul tetto la notte in cui è scoppiata la bomba. Ho scelto Giulia Weber non solo per delle peculiarità artistiche che le consentono di passare da situazioni drammatiche a quelle più grottesche in cui il personaggio di perde nelle proprie contraddizioni ma anche perché è una diretta testimone dell’accadimento che si racconta. Giulia Weber infatti è fiorentina e in quel periodo la sua casa era situata all’angolo con via dei Gergofili. Quella sera un disegno del destino l’ha tenuta lontana e l’ha salvata. Mi è sembrato opportuno che fosse lei ad aiutarci a dare voce ad alcuni degli interrogativi che il testo di Sergio Pierattini pone.