Il giovane Giovanni Guidi esibisce il suo jazz a Bologna e Ferrara
dal 24 al 25 febbraio 2011
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Giovanni Guidi, poco più che ventenne, eletto miglior nuovo talento italiano e inserito in alcuni dei nostri gruppi migliori (Rava, Petrella…; notevole, in particolare, la sua prova nel recente, felice “Rooms” di Fabrizio Sferra), in questo quarto album a suo nome il pianista umbro risale fino alla leggendaria Liberation Music Orchestra di Charlie Haden, della cui omonima opera prima cade quest’anno il quarantennale.
Anche la copertina del disco riprende quel modello, benché qui i dieci musicisti (là c’erano i vari Cherry, Barbieri, Rudd, Motian, Carla Bley, e chi più ne ha più ne metta) siano delle pure sagome, degli “sconosciuti” (unknowns), appunto, nel rispetto del titolo. E ribelli pure, il che ci riporta a quanto sopradetto.
Guidi, in altre parole, è artista felicemente fuori dal coro: conosce, e rielabora in prima persona, di fatto estraneo a mode più o meno fittizie, più o meno retrive. Il cd – come si legge – “racconta in musica storie di straordinarie libertà, lo spirito di ribellione e giustizia che attraversa e muove i popoli (…) dalla guerra di Liberazione alla Primavera di Praga, attraverso i desaparecidos argentini, la legge Basaglia, le lotte anticolonialiste nel Sud del mondo, il genocidio dei pellirossa, la guerra civile spagnola, la rivolta di Piazza Tien An Men”.
Fuori dal coro, appunto. E la musica procede di conseguenza, fra momenti più epici e vociferanti, e altri più intimi (anche in termini numerici), a volte solenni, ripiegati, sempre nel segno di quel “non ovvio” (extra-mainstream, per capirci) che innerva il miglior jazz di questi nostri anni fin troppo conformisti e prudenti. Pertinenti i solisti, con una menzione particolare per Sigurtà, Ottolini, Maier, Rabbia. E ovviamente Giovanni Guidi.