Giorni Felici di Samuel Beckett
dal 16 al 17 febbraio 2010
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In Giorni felici, Beckett descrive la condizione umana nella figura di Winnie, una donna vivace e grassottella, che affonda progressivamente nella terra.
Nel primo atto Winnie è interrata fino alla vita, ma ha le braccia libere, rio che le consente in qualche modo di «immaginarsi» una certa libertà; nel secondo atto, invece, è interrata fino al collo, in una immobilità assoluta e senza scampo. Willie, suo marito, è libero di muoversi (in verità solo strisciando ed esclusivamente all'interno del suo buco), ma non può parlare se non a monosillabi e con grande sforzo.
Da una parte, l’allegria di Winnie nella sua terribile e infelice condizione appare tragica; dall'altra divertente. Da una parte il suo buonumore è pura follia; dall’altra, l’ottimismo di Winnie di fronte alla morte e al nulla, è nobile. La vita di Winnie è composta di giorni felici perché ella si rifiuta di provare sgomento. Winnie e Willie seguono un andamento giullaresco, hanno un'intonazione elegiaca; essi rivelano una sorprendente ricchezza gestuale, hanno un’aria fanciullesca, stizzosa, adirata, veemente, triste, allegra; sono sempre alle prese con gli oggetti e le voci della loro vita; intanto li assale l’immobilità, il silenzio, sprofondano in loro stessi, nella terra. Willie, corpo peloso e coda, ha ormai cessato di interrogarsi o forse non ha mai cominciato; Winnie produce domande alle quali non può rispondere.
I loro discorsi a vanvera sono, in realtà, un disperato espediente per popolare il silenzio: i loro gesti più goffi, le loro smanie più insulse, il loro agitarsi inutile, nascondono l'intenzione di movimentare la metafisica paralisi dell'universo. E anche quando soccombono - e l'orrore esistenziale riesce ad insinuarsi tra le maglie delle loro povere invenzioni - cadono con estrema dignità a testa alta.