Morandi, lo spettacolo omaggio a uno dei più grandi pittori del Novecento
dal 14 al 26 novembre 2011
vedi sulla mappaBologna Via delle Moline, 1 - Bologna
Info: 051 235288
dal 14 al 26 novembre 2011
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Le tre sorelle del Maestro ricostruiscono la sua biografia e reinventano la memoria degli oggetti e delle distanze in uno spazio nel quale ricevono i visitatori, accudiscono il fratello che dipinge, preparano le valigie per Grizzana, spiano il suo spiare la realtà. L’intero palcoscenico, svuotato o invaso dalla luce, è lo sguardo del pittore, una sospensione del tempo e dello spazio che regala epifanie della percezione, non solo visiva.
MORANDI DIVIDE
Chi lo ama lo considera il più grande pittore italiano del 900, lo ritiene indispensabile per l’apparizione dell’astratto, dell’informale, del pop, dell’arte povera. Lo ritiene ispiratore di architetti, di registi cinematografici, di fotografi, della grafica in ogni sua applicazione. Chi lo ama lo idolatra, ne fa un monaco schivo, gentile, riservato, un filosofo zen che scrive, con pennelli, inchiostri e acque colorate, trattati sulla percezione. Un pittore sensibile alla luce, che concentra su pochi oggetti quotidiani le infinite variazioni della rappresentazione del mondo.
Chi lo detesta lo descrive come ostile, furbo, scostante, triste e distruttivo, povero di fantasia e ancor più di sentimenti, ultimo figurativo reazionario in un mondo che sovvertiva tutti i canoni della pittura e dell’immaginario.
Morandi nasce con il cinema, ma non va a vederlo, se lo fa raccontare. Nasce con la fotografia, ma rifiuta di posare per Cartier Bresson, perché gli fa perder tempo. Lui deve occuparsi dei suoi paesaggi a Grizzana, del suo cortile in via Fondazza, dei suoi oggetti, bottiglie, barattoli, tazze, teiere, utensili quotidiani, scelti con cura per la loro forma armonica o per il loro squilibrio. Gli oggetti li sceglie, li dispone, li sposta, li trucca come un regista con gli attori, sul palcoscenico del suo studio/camera da letto.
Gli oggetti: perché dopo aver detronizzato il sacro e l’umano nella rappresentazione della realtà, gli oggetti sono ora la sola cosmogonia riconosciuta da lui e riconoscibile da tutti. E Morandi sceglie i suoi modelli a uno a uno tra le cose che l’utilizzo quotidiano non ci consente più di vedere.
Morandi in scena non c’è. C’è lo spazio bianco in cui le sorelle ritrovano e raccontano la vita in via Fondazza, a Bologna, dove con il fratello hanno sempre vissuto. Sulle pareti di questo spazio affiorano le prove di colore, la ricerca delle forme, gli equilibri e le esplosioni del lavoro di Morandi.
In questo personale teatro degli oggetti di Morandi tocca alle attrici/sorelle il compito di ricostruire e reinventare la memoria degli oggetti e degli spazi. Esse lo fanno sia con la parola sia col gesto e in tal modo affrontano la fondamentale opposizione tra soggetto e oggetto, così come il superamento di tale contrasto e anzi il suo annullarsi. E probabilmente tutto questo avviene nella riscoperta dell’infantile piacere e incertezza della ripetizione.
Fino all’ultimo quadro, fino alla morte. Fine della ripetizione.
testi Luigi Gozzi
drammaturgia di scena e regia Marinella Manicardi
con Marinella Manicardi, Alessandra Frabetti, Marina Pitta