Gene Gnocchi Cose che mi sono Capitate
il 21 marzo 2009
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Piuttosto da un reticolo di piccole azioni quotidiane, reiterate, apparentemente insignificanti. E dietro a questa sequenza, a queste ripetizioni, si può intuire un senso più profondo dell’esistenza, o sono puro sintomo di una potenziale follia che serpeggia dentro di noi?
Il personaggio immaginato da Gene Gnocchi si costruisce proprio intorno a questo ‘dilemma’, ed è sostenuto da una maniacale attitudine: quella di annotare minuziosamente su carta tutti gli avvenimenti, anche i più insignificanti, della propria vita. Cercando di organizzare i ricordi attraverso un’improbabile catalogazione, (ad esempio ‘volte che sono andato a lavare la macchina’, ‘tagli di capelli’, ‘volte che sono stato rapito dalla mafia’ ecc), si ritrova a raccontare storie surreali, costruite dall’accostamento paradossale di frammenti di realtà. Fin dalle prime prove non ho potuto fare a meno di pensare a certi racconti di Borges fitti di citazioni, rimandi ossessivi, molteplici specularità . Ed è stata l’immagine della sua famosa ‘biblioteca infinita’ a guidarci nella ricerca della soluzione scenografica per lo spettacolo: una torre di carte e faldoni da archivio che immaginiamo perdersi nelle altezze del cielo.
Intorno e dentro a questa fragile costruzione, proiezione visiva della sua mente, si svolge la frenetica attività del protagonista: ricordare, ricostruire, riannodare? O piuttosto, come un Estragone Beckettiano dei nostri giorni il nostro personaggio semplicemente inventa, fantastica, strappa risate, per riempire un vuoto che rischia ad ogni minuto di diventare voragine.