Eva di Franz Lehar
il 06 gennaio 2008
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Biografia dell' autore:
Tanto il padre che la madre, austriaca, lo incoraggiarono ad intraprendere gli studi musicali e lo iscrissero al Conservatorio di Praga dove studiò composizione con Zdenek Fibich. A 18 anni esce dal Conservatorio diplomato in violino. La breve esperienza orchestrale non lo soddisfa e sceglie di seguire le orme paterne: a Losoncz, Pola, Trieste, Budapest e Vienna sarà direttore di banda in vari reggimenti austro-ungarici. Durante questo periodo il Il palcoscenico musicale doveva essere il suo regno. All'inizio del secolo per un musicista avente sangue austriaco e ungherese, intenzionato a scrivere musica per il teatro, l'operetta rappresentava la via più logica e consequenziale. Franz volle quindi cimentarsi nel genere straussiano. Aveva le idee chiare: il libretto doveva proporre situazioni divertenti ma anche sentimentali, permeate da classe e buon gusto. Riguardo alla musica, sapeva che il valzer era ancora un elemento vincente. Lehár non era Strauss, e se ne rendeva conto. Il suo valzer non poteva essere travolgente e impetuoso come quello dell'autore del Pipistrello. Oltre al valzer il giovane Lehár puntava molto su un brano d'insieme, vivace e a ritmo di marcia, che potesse segnare inconfondibilmente ciascuna operetta. Un'operazione che gli avrebbe fruttato il magnifico ottetto "È scabroso le donne studiar" de La vedova allegra. Una cosa era certa: Lehár credeva profondamente nella bontà della "piccola lirica" e nel valore artistico del genere. Non si sentiva declassato rispetto agli altri amici di conservatorio che si accingevano a trattare generi musicali "seri". A Vienna mette in scena la sua prima operetta, Donne viennesi, nel 1902, interpretata dal magnifico Alexander Girardi, che porta al successo la "marcia di Nechledil". Da più parti già si guarda con un certo interesse al giovane compositore ungherese. Scriverà tre operette modeste prima di approdare al più trionfale dei successi nella storia dell'operetta: La vedova allegra. Dal 1905 il fortunatissimo lavoro di Lehár conserva tuttora i suoi magnifici requisiti. Incarna un'epoca, un modo di vedere la vita, una cultura. Le repliche si susseguono in tutto il mondo con esiti incredibili . Chi frequenta il teatro nel periodo1905-1915 non può non assistere alle repliche dell'operetta più famosa del mondo; diventa quasi un obbligo morale.
Lehár aveva capito cosa voleva il pubblico e qual'era la nuova funzione dell'operetta. La parola d'ordine era "seduzione", in senso musicale, nei contenuti, nel fascino dell'ambientazione, nelle pieghe della comicità.
La vedova allegra inebriava il pubblico di piacere per la vita , di favola e di sogno, di risvolti dolceamari che venivano prontamente riscattati dall'umorismo e dal sorriso.
Lehár diviene un uomo ricco e felice ma negli anni successivi l'ispirazione lo aveva come abbandonato, il nome di Lehár continuava più che mai ad essere associato alla sola "Vedova". In questo periodo Lehár matura la decisione di tentare un rinnovamento. Nel 1909 con Il conte di Lussemburgo, l'intreccio fra tenore e soprano e quello fra buffo e soubrette scorre parallelo. D'ora in avanti, in ogni parte d'Europa, ogni compositore di operetta deve tenere presente il nuovo schema lehariano de Il conte di Lussemburgo. Finalmente Lehár ha sfornato uno spartito con tutti i crismi per piacere. È il suo primo successo dopo La vedova allegra.
In cuor suo il compositore magiaro, ormai viennesizzato, non crede di aver composto un prodotto duraturo; la sua attenzione è tutta riposta in Amor di zingaro, in risposta alle Manovre d'autunno che Kálmán ha portato in primo piano. La critica non risparmia frecciate e sarcasmi alle sue ultime opere; Lehár pensa che deve limitare le pagine "leggere", tentare di dare lustro allo spartito con la melodia più che col motivo d'effetto. Nel 1911 firma Eva, ricca di buoni spunti ma ingenua nel libretto. Due anni dopo è la volta de La moglie ideale, ibrida e banale. La "stella" lehariana sembra appannarsi. Nubi funeste di guerra inquinano l'animo del compositore di Komàrom. Il mondo si trasforma, l'impero austroungarico crolla, sui giornali si ironizza sull'operetta ritenuta anacronistica ed obsoleta. Lehár sogna un universo sereno dove regni la pace dell'anima. Compone il superbo Finalmente soli! il cui 2° atto, privo di parti in prosa, è un atto di opera lirica, un lungo e suggestivo duetto d'amore. Puccini loda Lehár e lo invita a continuare su questa strada ma il pubblico sembra distratto. Nel 1920 Mazurca blu reca echi polacchi e reminiscenze classiche; non sarà però un successo. Lehár non riesce a farsi una ragione della scarsa risonanza delle sue opere, è avvilito. Accetta di musicare un atto unico, Frühling, nel 1922. Nell'operetta ci si esotizza sempre più e Vienna impazzisce per La bajadera di Kálmán, dal profumo indiano. Lehár rimane colpito da L'usignolo madrileno del rivale Leo Fall e compone l'iberica Frasquita. Lo spartito è fra i più interessanti degli ultimi anni lehariani ma solo tre anni dopo giungerà il vero favore del pubblico. Nel biennio 1923-24 due operette trascurabili: La giacca gialla e Clo Clo. Si chiude però un ciclo.
Frasquita aveva "O fanciulla all'imbrunir", Paganini era suggellato da "Se le donne vò baciar", ne Lo Zarevic spiccava la canzone del volga, in Federica era presente "O dolce fanciulla". Il ciclo Tauber continuava con Il paese del sorriso - da cui proviene "Tu che m'hai preso il cuor" - rielaborazione della sfortunata Giacca gialla. Siamo ormai nel 1929 e stanno per suonare le campane a martello anche per l'operetta. L'Europa si prepara ad una nuova, terribile guerra. Le persecuzioni contro gli ebrei costringono compositori e librettisti d'operetta ad emigrare. Qualcuno conoscerà anche tristi giorni di prigionia. Lehár, che sentiva nuovamente di poter dare molto al teatro musicale, si accontenta ora di amministrare i propri sforzi del passato. Scriverà ancora la sensuale Giuditta, ma s'avvertono presagi di campi di concentramento e di carri armati. Lo stile lehariano viene imitato e ripreso da molti. Nico Dostal si assicura buoni successi incamminandosi sulla via tracciata dal compositore de La vedova allegra. Prima di morire nella sua villa di Bad Ischl, Lehár vivrà un periodo a Zurigo, dopo la fine della guerra. Non saranno gli ultimi anni della sua vita nella quieta cittadina di Bad Ischl a ridargli la dovuta serenità; dopo aver regalato tanti sorrisi musicali, Lehár non ebbe mai la soddisfazione di una piena consacrazione da parte della critica musicale.
foto di Ockerm