Edmund Kean con Giuseppe Pambieri al Plautus
il 13 agosto 2011
vedi sulla mappaSarsina - Forlì Altro
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EDMUND KEAN
Genio e Sregolatezza
di Claudio Forti
con
Giuseppe Pambieri
al violino Cristina Enna
musiche di Ottavio Sbragia
scene a cura di Marina Radice
costumi a cura di Isabel Angarita
Regia di Giuseppe Pambieri - Luca Simonelli
Giuseppe Pambieri, accompagnato dal violino di Cristina Enna, porta in scena la tormentata esistenza di Edmund Kean, attore romantico inglese dallo straordinario talento,
vissuto a cavallo fra ‘800 e ‘900. Un appuntamento che si preannuncia ricco di suggestioni e di forte carica emotiva, grazie al talento di un attore che ha segnato in positivo le ultime edizioni del Festival.
Nell’incipit dello spettacolo è riassunta tutta la tragica vicenda umana del grande attore:
E quando uscii dal grembo di mia madre
io venni fuori coi piedi in avanti
Oh! meraviglia della levatrice
Oh! pianto delle donne nel vedere
che la mia bocca avea già tutti i denti!
Questo era segno chiaro e manifesto
che avrei ringhiato e morso come un cane.
Riccardo Terzo. Io!! Avete mai sofferto la fame, voi?
Io si. Per dieci anni, lunghi, prima di essere accettato.
E non venite a dirmi che altri attori hanno dovuto aspettare più di me prima di avere
l’approvazione di Londra, l’approvazione del teatro Drury Lane.
Quelli non si chiamavano Edmund Kean.
Note
Messo in scena per la prima volta nel 1989 con l’interpretazione di Ben Kingsley, racconta
la travolgente vita di Edmund Kean. Nello spettacolo Kean è concepito come un mostro, un
uomo sfrenatamente ambizioso, perennemente alla ricerca di una fama immediata. Un
uomo convinto in modo paranoico che tutti cospirino contro di lui, un megalomane che non
permette a nessuno di splendergli accanto, un uomo sinistro, un vulcano di rancore
accumulato, un temporale di veleno, un torrente di bile: un uomo con una spinta
incontenibile all’autodistruzione che già a trent’anni si è completamente consumato. Sì,
Kean è un mostro, abbrutito dall’alcool e sifilitico. Ma Kean è il primo grande attore
romantico e l’insuperabile interprete di Shakespeare. Tutto lo spettacolo oscilla tra il suo
carattere e quello dei personaggi che interpreta sulla scena, temprati dalle esperienze
della sua vita. Le sue ambizioni riecheggiano nel Riccardo III. La sua misantropia sempre
più profonda evoca Coriolano e Timone. Quando la sua mente è sconvolta si trasforma in
Re Lear. L’addio di Otello: “Addio per sempre, pace dell’anima mia, addio felicità del
cuore!”, è visto come la chiave per comprendere la sua vera personalità. Per Kean non c’è
e non può esserci tranquillità né appagamento. Nell’addio mette a nudo la sua anima
tormentata.
Fra tutte le paranoie, le megalomanie, le fanfaronate, le sbornie, le storie con le prostitute,
Kean rimane, comunque, una grande voce che chiede, implorante, pietà e comprensione.