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Dal 1 Agosto al Palazzo Ducale di Urbino, la 'Dama con Liocorno' di Raffaello

dal 01 agosto al 04 ottobre 2008

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Urbino Altro

Descrizione dell'Evento

La Soprintendenza di Urbino, in accordo con l'Amministrazione comunale, per il terzo anno consecutivo presenta nella Galleria Nazionale delle Marche un ritratto di Raffaello. Il progetto vuole preparare il pubblico alla grande mostra del 2009 "Raffaello e Urbino: la formazione di Raffaello e i suoi rapporti con la città  natale" presentando opere della ritrattistica posteriori al periodo esaminato dalla mostra, ricollegandosi con questa manifestazione alla prima presentazione del più famoso fra i ritratti di Raffaello, la Fornarina, presentata a Urbino nel 2001.

Il dipinto che sarà  presente nel Salone del Trono del Palazzo Ducale dal 1 agosto al 4 ottobre 2008 é la famosa "Dama con Liocorno" proveniente dalla Galleria Borghese di Roma.  Il dipinto sarà  accompagnato da una serie di testi didattici riguardanti l'opera pittorica in generale e il particolare gioiello che orna la dama. Il pubblico potrà  consultare un interessante DVD che illustra le vicende critiche, i restauri e la storia documentaria del dipinto.
"Fino al 1936 -spiega la soprintendente Lorenza Mochi Onori - il dipinto si presentava con un aspetto molto diverso nello sfondo, nelle vesti e negli attributi che corrispondevano all'iconografia di santa Caterina d'Alessandria, recante fra le mani una ruota dentata invece dell'attuale unicorno. Nonostante la conoscenza del disegno del Louvre di Raffaello, le pesanti ridipinture  non avevano permesso alla critica ottocentesca di riconoscere nell'opera la mano del maestro. Morelli (1897) attribuiva il dipinto ad un autore (Granacci o il Ghirlandaio) che si sarebbe ispirato al disegno del Louvre, seguito da Piancastelli (1888-91) e da Adolfo Venturi che ipotizzava la mano di Andrea del Sarto. La distinzione fra l'opera autografa e le ridipinture é notata da Cantalamessa direttore della Galleria Borghese nel 1911, ma il primo a riconosce nell'opera la mano di Raffaello é Roberto Longhi  nel 1927 che propone il nome di Giovanni Antonio Sogliano (1492-1544), un allievo di Lorenzo di Credi, come autore delle modifiche al dipinto. Longhi ricostruisce quella che poteva essere l'immagine originale, molto vicina a quella che emerge dai complessi restauri successivi; il primo nel 1935, nel quale si eliminarono le ridipinture e l'opera a venne tolta dal suo originale supporto ligneo, incollata ad una tela e trasportata su un nuovo supporto e il secondo nel 1959 eseguito con metodo scientifico dell'Istituto Centrale per il Restauro.
Il dibattito su quando sia stata eseguita la ridipintura é ancora aperto, alcune indicazioni inventariali, che prospettano la provenienza dalla collezione Aldobrandini, farebbero pensare che la ridipintura possa essere riferita al XVII o al XVIII secolo, ipotesi che contrasta con le attribuzioni dei grandi esperti dell'Ottocento che, esaminando la materia, considerarono l'opera cinquecentesca.
 E' stato ipotizzato che l'esecuzione del dipinto sia avvenuta a Urbino alla corte di Guidobaldo ed Elisabetta negli anni 1505-6. Altre ipotesi propendono per una esecuzione a Firenze: é peraltro sottolineato dalla critica il rapporto con Piero della Francesca e in particolare con i dipinti fiamminghi, che Raffaello conosceva anche  nelle collezioni della corte di Urbino, soprattutto nel paesaggio inquadrato dalle due colonne nello sfondo, che sostituisce una apertura rettangolare anche questa aperta sul paesaggio nella prima versione.
Durante il restauro si é riscontrato che originariamente l'attributo della dama era un cagnolino, simbolo di fedeltà , sostituito successivamente da un liocorno, simbolo di purezza e castità , ambedue attributi adeguati al tema del matrimonio. il dipinto si presenta infatti come un ritratto nuziale, o meglio come il ritratto di una futura sposa e non come nel caso della Maddalena Doni degli Uffizi, di una sposa già  madre. Lo stato attuale di conservazione permette di riconoscere con sicurezza la mano di Raffaello nel disegno e nell'impostazione tridimensionale del dipinto, soprattutto nel viso e nel busto della dama, le parti rimaste più integre nelle vicissitudini del dipinto".

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