Concerto di Natale a Colbordolo
il 21 dicembre 2007
vedi sulla mappaPesaro, colbordolo Altro
Risalgono all'epoca romana i primi insediamenti umani nel territorio di Montefabbri, la zona sul versante destro del fiume Foglia, delimitata a ovest dallo stesso fiume, a nord da Talacchio e Colbordolo, a est da Coldazzo e a sud da Urbino.Insediamenti dei quali restano poche tracce perchè furono completamente distrutti dalle frequenti e ripetute invasioni barbariche, degli Ostrogoti prima e dei Longobardi poi, che sottrassero il territorio al dominio bizantino contrassegnando un lungo periodo di desolazione, fame e fughe dei pochi superstiti verso luoghi più inaccessibili.
La discesa dei Franchi e il successivo passaggio dei territori del centro Italia al dominio pontificio, coincisero con il sorgere delle pievi –per presenza di comunità cristiane- e di nuovi insediamenti umani in luoghi più sicuri e facili da difendere; ancor meglio se sotto la protezione della Chiesa o di un signore locale.
All'epoca, nella zona sul versante destro del fiume foglia era sorta la pieve di San Gaudenzio, che avrebbe poi dato origine al territorio di Montefabbri: a cavallo tra il primo e il secondo millennio, la scarsa popolazione presente nelle zone circostanti la pieve si dotò di strutture difensive a protezione dei propri abitati, posti in alto e in luoghi sicuri, divenuti via via veri e propri castelli con mura, fossati e ponti levatoi.
Nel territorio della pieve di San Gaudenzio se ne costruirono quattro: Colbordolo, Codazzo, Talacchio e un quarto dal nome prima sconosciuto e poi nominato come “castellare†o “castellacciaâ€, che sarebbe stato progressivamente abbandonato per il nuovo castello di Montefabbri, costruito dai suoi signori nelle immediate vicinanze e proprio intorno alla pieve di San Gaudenzio, situata su un poggio.
Il nome Montefabbri compare per la prima volta nei documenti ufficiali il 2 dicembre 1216. La sua costruzione, appositamente progettata come lo dimostra il razionale assetto urbanistico, fu voluta dalla famiglia feudale dominante, per motivi di prestigio e di difesa, funzione che mantenne per qualche secolo pur in mancanza di torri o di più sofisticati sistemi di difesa.
Nel corso del XIII sec. le sorti del castello furono legate a quelle delle più potenti Urbino e Rimini, e delle famiglie ghibelline (Montefeltro) e guelfe (Malatesta) che guidavano le due città .
Scomparsa la famiglia feudale dominante per circostanze sconosciute, in epoca rinascimentale Montefabbri fu sempre più legato alla città feltresca, di cui rappresenta un avamposto difensivo strategico lungo la strada verso il mare, ed era spesso teatro di cruente battaglie come vero e proprio territorio di frontiera tra romagna e pesarese.
Nonostante le battaglie, le campagne mercenarie, l'alternanza di potere tra Montefeltro e Chiesa, all'inizio del ‘400 la vita della popolazione era accompagnata da discreta attività economica - artigianale e di scambio all'interno del castello, agricola nelle campagne circostanti dove erano sorti anche villaggi e case sparse- che si consolidò sul finire del secolo, beneficiando del buon momento urbinate sotto la guida di Federico da Montefeltro.
La contemporanea realizzazione del mulino idraulico di Pontevecchio testimonia che, come gli altri castelli della zona, Montefabbri conobbe un lungo periodo di tranquillità in cui si intensificarono gli scambi e gli arrivi di maestranze e artigiani provenienti da altre zone italiane.
Durante questo periodo un architetto civile e militare della scuola urbinate, allievo del Genga e noto in tutte le corti del tempo, Francesco Paciotti originario di Colbordolo per via paterna, acquistò svariate proprietà in Montefabbri che poi, nel 1578 fu ceduta in feudo dal duca di Urbino Francesco Maria II Della Rovere al Paciotti stesso, allora 57enne, che fu signore di Montefabbri fino alla morte (1591).
Dopo di lui, i suoi discendenti legarono il nome della famiglia Paciotti al feudo di Montefabbri per un lungo periodo (fino al 1744) durante il quale il ducato di Urbino passò alla Chiesa.
Sotto i Paciotti nonostante le difficoltà e la carestia, si attivò una fabbrica di ceramiche, vennero avviati lavori di miglioramento della chiesa di San Gaudenzio, effettuati quelli di ampliamento del palazzo del signore, istituito un archivio, acquisito il mulino di Pontevecchio attraverso il quale venne dato un generale impulso all'economia e alle attività artigianali, soprattutto sotto il conte Guidubaldo.
Estinta la famiglia Paciotti e con essa tutte le questioni legate alla successione, fallita la richiesta di autonomia al Papato, Montefabbri fu riunito alla città di Urbino per un cinquantennio durante il quale si consolidarono l'autorità ecclesiastica e quella dei possidenti originari della piccola borghesia locale, già benestante al tempo dei Paciotti.
Il passaggio dei francesi, la formazione del Regno d'Italia, la caduta di Napoleone e la restaurazione dello Stato Pontificio videro Montefabbri seguire le sorti di Urbino e la sua gente condurre una vita costellata di miseria e privazioni, segnata anche da carestia e da due epidemie, di tifo prima e di colera poi.
Nel corso del XIX secolo il Comune di Montefabbri, per le svariate ripartizioni dello Stato Pontificio, é alternativamente assoggettato ai vari Comuni vicini e poi definitivamente a Urbino.
La prima parte del secolo, dove l'unica attività a carattere industriale é quella della locale fornace, é segnato anche da gravi fenomeni delittuosi e corruzione amministrativa insieme alla recrudescenza del banditismo, che ebbe in Terenzio Grossi un noto capobanda locale.
Con la nascita dello Stato italiano, dal quale il Grossi auspicava l'amnistia, il banditismo locale si coprì di una immagine politica finalizzata alla restaurazione del governo pontificio; in questa situazione si avvalse anche di simpatie popolari visto che i banditi si presentavano come gli oppositori del nuovo stato che con la leva obbligatoria aveva tolto forza lavoro all'unica risorsa locale: l'agricoltura.
Solo nel 1862, dopo l'apertura di una caserma dei carabinieri a Montefabbri, si pose fine al banditismo locale con l'uccisione del Grossi e la cattura della sua banda.
Trascorsi i primi turbolenti e difficili anni di Regno d'Italia, tornata la normalità tra la popolazione attiva (per lo più braccianti, coloni e artigiani saltuariamente occupati), Montefabbri perse l'autonomia amministrativa come altre sedi comunali del pesarese: l'11 aprile 1869 con Regio decreto fu definitivamente annesso al Comune di Colbordolo.