Antonio Rezza in IO
il 12 marzo 2010
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Questo allestimento scenico non consiste più in un seguito rigido di pannelli ma di una serie di teli pronti a diventare abiti, di tovaglie di pizzo, di veli multicolori, quadri di scena che richiamano i lavori artistici di Fausto Melotti e di Robert Morris. [...]Appesi ad una struttura da sartoria i teli si sganciano permettendo al multiforme spiritato protagonista di attardarsi tra un pertugio e l’altro per un gioco dell’oca o di avvolgersi in un lungo centrino traforato per una doccia, ma anche soprattutto di liberarsi dalla gabbia per andare a passeggiare in proscenio. Può acquistare cioè un’identità propria, distinta da quella dei tanti “loro” che lo generano, lo accudiscono, lo coccolano affannandosi ad affogarlo nella melassa dell’abitudine: è un IO un po’ folletto dentro un salvagente giallo che scopre la vita e si ribella a ogni forma di costrizione, dando anche il titolo allo spettacolo. Il tema dell’individualismo ci consegna l’egoismo di un anarchico totale...una specie di mostruoso infante non prodigio che “si fa simpatico” e riesce a ereditare gli umori dei molti monelli dispersi nella letteratura