il 09 febbraio 2007
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Spirito libero, sindacalista, musicista della banda del paese, Nicolò Azoti, muore ammazzato dalla mafia a pochi metri da casa.
Antonina ha quattro anni quando sua mamma le stende sul letto il padre agonizzante; pochi giorni dopo, il cappottino rosso che aspettava per Natale verrà tinto di nero.
Nicolò è morto battendosi per la riforma agraria, ma sulla vedova e i due bambini cala il sudario di isolamento e vergogna destinato ai parenti di un "morto ammazzato".
Dita puntate, malelingue.
Il parroco asperge la bara per strada con l'acqua santa, ma si rifiuta di portarla in chiesa.
"Anche Dio - scrive Antonina - lo considerava quindi colpevole?"
Ad alta voce è la storia del lento e orgoglioso percorso di riscatto di Antonina, Pinuccio e della loro madre.
Dai tempi della miseria al lavoro da maestra. E al giorno in cui, davanti a tutta Palermo radunata per onorare la morte del giudice Falcone, Antonina sale su un palco e racconta ad alta voce l'orgoglio di essere figlia di Nicolò Azoti, caduto per promuovere i diritti dei braccianti, dimenticato insieme ad altri 39 sindacalisti uccisi nell'immediato dopoguerra.
La memoria di Antonina Azoti restituisce con immediatezza ed emozione una pagina intensa di una vita individuale e, nello stesso tempo, di storia civile del nostro paese.
ANTONINA AZOTI (1942)
Figlia di Nicolò Azoti, dirigente della Camera del lavoro ucciso dalla mafia per la causa della riforma agraria.
Cresce insieme alla madre e al fratello, senza un sussidio da parte dello Stato, superando lunghi periodi di miseria, fino a quando dopo tanti sacrifici comincia a lavorare come maestra.
La sua determinazione ha portato a riscattare la memoria del padre, sulla cui figura si è taciuto per anni, perché considerato dalla mentalità paesana un "morto ammazzato".
Nel 1992, alla morte di Falcone, fa sentire anche la sua voce e da allora il padre Nicolò Azoti viene restituito alla storia del suo paese con la dignità di chi ha lottato ed è morto per i diritti dei lavoratori. Oggi in pensione, è segretaria dell'associazione "Non solo Portella" che raccoglie i familiari dei caduti nelle lotte sindacali in Sicilia.
NICCOLÒ AZOTI aveva 37 anni quando venne ucciso dalla mafia. Era un giovane sindacalista che si batteva a favore della riforma agricola in Sicilia. Sua figlia, Antonina, aveva solo 4 anni.
Dopo mezzo secolo quella bambina ha deciso di riaprire quella ferita, per non rendere vano il sacrificio di suo padre.
Così è nato "Ad alta voce - Il riscatto della memoria in terra di mafia", una memoria autobiografica pubblicata dal giornale di strada ?Terre di Mezzo' nella collana 'I diari di Terre/Archivio di Pieve'. L'opera, ha vinto il premio come miglior diario al concorso dell'Archivio Diaristico Nazionale di Pieve S.Stefano.
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